Osteoporosi

Dott. Giuseppe Spinello – Specialista in reumatologia
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L’OSTEOPOROSI E IL RISCHIO DI FRATTURA: PREVENIRLA E’ POSSIBILE?
L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) definisce l’osteoporosi (OP) una condizione morbosa, caratterizzata da una ridotta densità minerale ossea e da una alterazione della microarchitettura e proprietà minerale dell’osso. Alla riduzione della densità dell’osso si correla una aumentato rischio di frattura; infatti il tasso di prevalenza delle fratture vertebrali supera il 54% nei soggetti osteoporotici, e il 30% nei soggetti osteopenici.
Le donne in età post-menopausale e gli anziani di sesso femminile sono i soggetti con maggiore rischio di frattura. Queste insorgono in seguito a traumi lievi ed interessano prevalentemente le vertebre, e il femore prossimale.
L’OP rappresenta un problema di grande rilevanza sociale; si stima che nel mondo vi siano circa 200 milioni di soggetti affetti da osteoporosi con un 41% di donne con età uguale o maggiore a 50 anni ed il 58% di donne con una riduzione della massa ossea nell’ambito della stessa fascia di età e solo negli USA sono stati rilevati 10 milioni di casi con 1,5 milioni di fratture all’anno. Si stima che in Italia oltre 5 milioni di persone siano affette da osteoporosi; Nel 2005 in Italia si sono verificati più di 90.000 ricoveri per fratture femorali. inoltre , la prevalenza dell’osteoporosi tenderà ad aumentare in relazione all’aumentare dell’aspettativa di vita dei paesi occidentali.
Soggetti che hanno subito una frattura vertebrale presentano un rischio maggiore di manifestare un’ulteriore frattura vertebrale entro un anno e la presenza di una frattura vertebrale è associata ad un aumento del rischio di frattura femorale. Inoltre, si calcola un incremento di mortalità 6 volte maggiore dopo una frattura di femore e di ben 9 volte maggiore dopo una frattura vertebrale nelle donne di età uguale o superiore a 55 anni.
Appare quindi evidente che con l’aumentare della popolazione senile, questa cifra andrà aumentando nei prossimi anni con ulteriore costo sociale che questa patologia comporta.
Questi dati da soli, sono sufficienti per prendere in seria considerazione il rischio di frattura che l’ osteoporosi comporta, con una attento programma che prevede uno stile di vita improntato al movimento (esercizi gravitazionali come ad es. la marcia) a partire dall’età scolare e di una alimentazione non abbondante ma molto varia, con l’apporto di un adeguato introito di calcio e proteine, e di una appropriata sintesi di vitamina D con l’esposizione ai raggi UV, evitando invece quei fattori di rischio, i grassi in particolare, il fumo della sigaretta e gli alcoolici che facilitano l’osteoporosi, e le malattie cardio-vascolari.
COME RICONOSCERLA
L’OP senza frattura non determina alcuna sintomatologia dolorosa, ma questo aspetto non deve essere sottovalutato poiché, in effetti, l’obiettivo principale del trattamento di un paziente con osteoporosi è proprio quello di prevenire la prima frattura e quelle successive. L’OP diventa responsabile dell’insorgenza del dolore quando la sua presenza ha favorito il cedimento strutturale di uno o più corpi vertebrali. Questi cedimenti strutturali delle vertebre possono manifestarsi in modo diverso: con microfratture, con deformazione a cuneo, a lente biconcava, o con veri e propri schiacciamenti. Il cedimento del muro anteriore dei corpi vertebrali e le conseguenti deformazioni a cuneo sono responsabili del dorso curvo, e della riduzione di statura. Di solito il “back pain” da frattura vertebrale generalmente non supera le 4-6 settimane. Queste modificazioni portano ad alterazioni fisiche del soggetto che vede così modificato il suo aspetto con un impatto psicologico negativo ed un conseguente peggioramento della qualità di vita e un significativo incremento del tasso di morbilità e mortalità.
Il laboratorio è da considerarsi un utile complemento nella diagnosi di osteoporosi così come una radiografia della colonna vertebrale o del femore per riconoscere una vertebra caratterizzata da una abnorme radiotrasparenza e da una evidente rigatura verticale del corpo, anche in assenza di cuneizzazioni, espressione patognomonica di frattura.
Questa metodica è stata criticata per la scarsa rispondenza ai criteri di scientificità metotodologica data l’impossibilità di poter valutare l’effettiva perdita di massa ossea; infatti, il danno diventa radiologicamente evidente solo dopo che è stata persa una considerevole quota di osso (mediamente il 30%). L’indagine densitometrica ( MOC) consente oggi di valutare in modo sufficientemente accurato e preciso la massa ossea ( BMD) e attualmente rimane un sistema affidabile per definire il rischio fratturativo da osteoporosi.
E’ POSSIBILE UNA PREVENZIONE DEL RISCHIO DI FRATTURA NON FARMACOLOGICA?
I risultati migliori nella prevenzione del rischio di fratture si ottiene con un approccio terapeutico globale che, oltre alla terapia farmacologica , comprenda modifiche dello stile di vita, una sana e varia alimentazione, attività fisica, ed eventualmente l’utilizzo di ausili ed ortesi.
In tutto l’occidente la dieta dei giovani è molto spesso carente di calcio. A parte l’occasionale gelato o yogurt, il latte non è più sulla tavola di tutti i giorni. I formaggi sono visti- non senza ragione – come alimenti troppo grassi e ipercalorici e quindi da evitare. Se non si corregge in tempo questa tendenza, l’osteoporosi colpirà duramente la generazione che, specie nell’età della crescita e dello sviluppo, non ha dato al suo scheletro la quantità di calcio necessaria a raggiungere un elevato ” picco di massa ossea”. Nelle donne in età post-menopausale si consiglia un apporto di calcio da 1200 a 1500 mg ( TAB II ). Si deve anche tenere presente che dopo i 60 anni di età l’assorbimento intestinale di calcio si riduce. Per questo gli anziani hanno bisogno di maggiori quantità di calcio, e in genere è bene che prendano anche un supplemento di vitamina D. Un recente studio rivela una significativa prevalenza di un severo deficit di vitamina D in Italia, specie negli anziani e nei mesi invernali e non limitato ai lungodegenti e può arrivare a interessare più del 70% delle donne anziane. Più recentemente è stato riportato che la popolazione italiana è tra quelle con i più bassi livelli sierici di 25-idossivitamina D in Europa.
L’altro aspetto importante nella prevenzione del rischio di frattura è basato sul presupposto che l’attività fisica con il carico alterno sull’osso può migliorare il trofismo osseo determinando una stimolazione dell’attività osteoblastica mediante un effetto piezoelettrico. Sono ormai storiche le segnalazioni della perdita di massa ossea negli astronauti che hanno trascorso lunghi periodi di tempo nello spazio in assenza di peso gravitazionale. Inoltre è noto che periodi, anche brevi, di immobilizzazione sono particolarmente critici per la massa ossea. E’ indubbio che l’attività fisica moderata possa influenzare favorevolmente il rischio di frattura e il rischio di cadute, specie nell’anziano.
L’attività fisica può essere sostanzialmente di due tipi:
- un’attività aerobica
- un’attività di resistenza e di forza.
Gli effetti dell’attività fisica sulla densità minerale ossea vanno distinti a seconda dell’età; poiché ad esempio nei soggetti prepuberi e nei giovani adulti, solo gli esercizi che comportano un carico scheletrico risultano essere efficaci. Tuttavia non vi sono sufficienti evidenze per raccomandare questi esercizi né in prevenzione primaria , né secondaria. Sebbene in letteratura siano disponibili prevalentemente studi epidemiologici di correlazione tra attività fisica e minor rischio di frattura, sembra giustificata la raccomandazione, almeno nel soggetto anziano, di svolgere quotidianamente un minimo di attività fisica (ad esempio, camminare per più di 30 minuti al die). Questo approccio minimalista all’attività fisica, pur non avendo alcun supporto scientifico di efficacia relativamente ad una sensibile variazione della massa ossea, appare condivisibile per un possibile benefico effetto sulla prevenzione del rischio di cadute.
Anche l’osservazione delle norme orientate ad ottenere un migliore controllo posturale rappresenta un aspetto da non sottovalutare. Infatti, è importante educare il soggetto con osteoporosi ad evitare posizioni o movimenti che potrebbero risultare pericolosi per il rachide aumentando il rischio di una frattura vertebrale. Le posture ed i movimenti da evitare sono prevalentemente quelli che comportano le flessioni della colonna dorso-lombare, il sollevamento di oggetti pesanti oltre il bacino, e lo spostamento degli stessi con il tronco sbilanciato in avanti, effettuando contemporaneamente una torsione del tronco. Parimenti sono da sconsigliare il mantenimento protratto di posture estreme della colonna vertebrale.
In conclusione possiamo affermare che, secondo la letteratura internazionale, le attività fisiche ripetitive ad alto impatto e di resistenza, effettuate durante l’età prepuberale, sembrano essere importanti nel determinismo di un futuro “ Peak Bone Mass” e “Bone Strength”. L’attività fisica continuata durante l’adolescenza e nell’età adulta aiuta a mantenere questo precoce incremento del “Peak Bone Mass”, mentre per quanto concerne l’esercizio fisico ( EF), eseguito in età tardi, permangono ancora dubbi sulla sua reale efficacia nell’ottenere ulteriori incrementi della massa ossea. E’ stato comunque dimostrato che l’EF può consentire un miglioramento dell’equilibrio e del tonotrofismo muscolare, utili a ridurre il rischio di cadute e la conseguente incidenza di fratture. Infatti, l’ attività fisica , corredata da una adeguata terapia farmacologica, e una dieta equilibrata viene spesso consigliata nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi.
TAB I
FATTORI DI RISCHIO DELL’OSTEOPOROSI E DELLE FRATTURE SPONTANEE
POTENZIALMENTE MODIFICABILI
- Alimentazione sbilanciata con carenza di calcio, proteine vitamina C e vitamina D
- Peso corporeo inferiore alla norma
- Malattie reumatiche ( artrite reumatoide, lupus …)
- Malattie endocrine ( diabete mellito, ipertiroidismo, ipogonadismo ecc..)
- Malattie renali ( ipercalciuria…)
- Anoressia
- Malattie metaboliche del collagene
- Malattie dell’apparato gastro-enterico ( celiachia, malattie epatiche–), malassorbimento
- Malattie ematologiche ( mieloma, linfoma…)
- Gravi disabilità
- Broncopneumopatia cronica ostruttiva
- Trapianto d’organo
- Deficit di estrogeni ( menopausa insorta precocemente < 45 anni)
- Abuso di alccol
- Fumo di sigaretta
- Uso massivo di corticosteroidi
- Cadute ricorrenti
- Discontinuità nell’assunzione di farmaci per la prevenzione o terapia
- Inattività fisica
- Età senile
- Sesso femminile
- Storia personale di fratture
- Storie di fratture in parenti di 1° grado
- Razza
- Condizioni di salute scadenti
- Demenza
NON MODIFICABILI
- Età senile
- Sesso femminile
- Storia personale di fratture
- Storie di fratture in parenti di 1° grado
- Razza
- Condizioni di salute scadenti
- Demenza
TAB II
ALCUNI CIBI RICCHI DI CALCIO
(i valori si riferiscono a 100g di prodotto)
Alimento | Calcio in mg |
Latte intero | 119 |
Latte parzialmente scremato | 120 |
Latte magro | 122 |
Yogurt intero | 111 |
Yogurt parzialmente scremato | 120 |
Formaggi stagionati | 860-1360 |
Formaggi freschi | 270-430 |
Alici | 148 |
Gamberi | 110 |
Latterini | 888 |
Cioccolata al latte | 262 |
Polpi | 144 |
Sardine sott’olio | 354 |
Sgombri salamoia | 185 |
Broccoletti di rapa | 97 |
Carciofi | 86 |
Cardi | 96 |
Cavolo cappuccio verde | 60 |
Cicoria da taglio | 150 |
Indivia | 93 |
Radicchio verde | 115 |
Spinaci | 78 |
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